Siamo a Palermo, davanti alla facciata barocca della chiesa di San Francesco Saverio, Fabio ci viene incontro e ci invita ad entrare, ci presenta il suo compagno Roberto e la sua amica Annina, tutti membri di Ali D'Aquila, gruppo ecumenico LGBT cristiano. Entriamo dentro i locali della parrocchia che ospita da sempre la loro associazione, ci sediamo in cerchio.
Siamo qui perché il nostro clan ha deciso di fare un capitolo su “amore e relazioni: nella Chiesa, nello Stato e nella società”. Uno di quei capitoli di clan che si presentano subito come una immensa sfida. In una società sempre più individualista e liquida, il bisogno di parlare di amore e relazioni sembra non scemare mai.
Ed è così che in route invernale ci siamo confrontati sull’importanza delle relazioni, sui percorsi dell’affettività, su come si pongano i rapporti tra persone nella società. Ed è lì che ragazzi si sono accorti di essere molto confusi, ci si è aperta davanti l'immensità di questi temi, le numerose strade ed esperienze che dovremmo intraprendere e affrontare. E tra questi si è reso necessario affrontare il tema delle persone e delle relazioni omosessuali: esperienze che sembrano “lontane” in un paesino di tremila abitanti come il nostro, ma che sono invece molto vicine e pressanti.
E così, dopo un paio di settimane, ci siamo ritrovati qui, in cerchio con questi ragazzi che hanno voluto intraprendere una strada coraggiosa, di certo ripida e poco battuta, ma di certo appassionante e sfidante: trovare una strada, lì dove sembra impossibile, che possa mettere in dialogo Fede e omosessualità, superando l’impostazione attuale, in un clima di approfondimento reciproco, preghiera, relazioni autentiche.
Cominciamo l'incontro pregando insieme, cantando insieme un canto della spiritualità scout, scelto lì un po’ a caso. Parole un po’ semplici che cantiamo fin da bambini durante le attività scout o in chiesa e che, mi accorgo, parlano già di questo incontro. E penso sia davvero curioso come il vivere in un contesto ecclesiale in mezzo a messaggi, canti, parole, Parola, traboccanti di concetti di inclusione, accoglienza, lotta alle solitudini, troppo spesso non si traduce in comportamenti, atteggiamenti, azioni. Eppure, anche il peggior catechista insegna ai bimbi che Dio è Padre di tutti, che è buono, che ci ama, che tutti siamo fratelli, che siamo chiamati all'amore.
Dopo aver loro presentato il percorso che ci ha portati a scegliere un argomento così complesso, passando per il racconto dell'esperienza della Route Nazionale e della Carta del Coraggio, abbiamo ascoltato le loro storie.
Comincia Annina, felicissima di rimettersi in cerchio in un clan. Lei, come noi, è scout ed è anche stata capo AGESCI fino a quando ha fatto coming out: «è come se tutto il lavoro educativo da sempre apprezzato dalla mia Comunità Capi sia stato totalmente annullato dalla conoscenza del mio orientamento sessuale». Da quel momento la Co.Ca., in maniera impacciata, l'ha praticamente esclusa dal ruolo educativo. Non c'è risentimento nelle sue parole, né amarezza. E’ come se fosse abituata al rifiuto, al dover sforzarsi di trovare uno spazio che possa accoglierla. Ci parla di come è stata allontanata dalla sua famiglia e di come ha dovuto lottare -da sola- per trovare indipendenza e autonomia in un clima difficile in cui tutte le persone che avrebbero dovuto starle vicine, erano lontane. Tra le righe di questi giorni vi era però anche la certezza che Dio fosse sempre presente «ho sempre avuto la certezza che Lui ci fosse e che non mi avrebbe abbandonata e, nonostante il rifiuto di coloro che volevano farmi credere che non ero figlia di Dio come tutti, proprio l’ amicizia profonda con Gesù mi ha salvata».
Ascoltiamo in silenzio, vedo i miei ragazzi molto interessati, in alcuni traspare anche un po’ di ansia, imbarazzo. Non capisco se causate dalla difficoltà nell'affrontare questi temi oppure dal fastidio provato davanti a queste storie d'esclusione.
Ed è l'esclusione il comune denominatore delle esperienze che abbiamo ascoltato, la costrizione -a volte- di un certo annullamento delle persone, specialmente in un ambiente che si dice cristiano. «Era come se avessi messo “pausa” alla mia vita; ho costretto me stesso a non pensare a tutta la sfera affettiva. In pratica mi ero annullato». Fabio ci racconta della sua vita di ragazzo impegnato nella parrocchia come catechista e della sua sensazione di essere sbagliato, di non poter essere accettato.
Al centro di tutto questo stava il significato della vita, della propria Fede, del rapporto col Vangelo «mi chiedevo: se Gesù ha portato una buona notizia, perché quella notizia era per me cattiva?», «il catechismo mi diceva che ero intrinsecamente sbagliato, e non riuscivo a parlarne con nessuno, specialmente con i sacerdoti o a gente della parrocchia» Dopo un percorso che lo ha portato a frequentare un campo su “fede e omosessualità” promosso dalla Chiesa Valdese, Fabio trova una strada che può riportarlo a Dio senza dover nascondere quello che prova o quello che realmente è. Ritorna a Palermo e, insieme ad altri amici, si rivolge a Padre Cosimo Scordato per fondare insieme un luogo di accoglienza in cui si possa essere cristiani senza etichette, vivere percorsi di Fede, di studio biblico, di comunità in un clima di accoglienza e di amicizia dentro la Chiesa Cattolica. Ed è così che nasce Ali D'Aquila (questo il loro blog: http://blog.libero.it/gruppoalidaquila/)
Insieme al mio clan abbiamo ascoltato un fiume di esperienze di smarrimento e felicità, di ricerca di sé stessi, di rapporti sinceri, di testimonianza. In un clima di speranza autentica, di voglia di esserci, di comunione. Da questi ragazzi abbiamo potuto apprendere che c'è sempre del buono in una relazione se è autentica, anche se -come tutte le relazioni- può essere imperfetta, bisognosa di crescere. Forse il peccato più grave, in questi casi, è la chiusura in sé stessi, il rifiutare l'altro, il rifiutarsi.
Siamo partiti con uno sguardo curioso sull'omosessualità e siamo tornati con testimonianze reali di relazioni autentiche con Dio e tra persone. Siamo partiti pensando di ascoltare gente “lontana” e “diversa” e siamo tornati con la consapevolezza che quelle storie parlavano anche di noi.
“Quando ero solo, solo e stanco del mondo /quando non c'era l'amor/tante persone vidi intorno a me…” (Camminerò, canto della tradizione Scout) [Foto di Erica Gippetto e Giuliana Calabrese]
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